Renato Mambor
Renato Mambor (Roma 1936 – 2014)
È uno dei protagonisti della ricerca nelle arti visive fin dalla fine degli anni ‘50. Ha vissuto in prima persona il clima culturale di sperimentazione e rinnovamento degli anni ’60-’70, compagno di strada di Pascali, Ceroli, Schifano, Festa, Tacchi, Kounellis … con cui ha fatto parte di quella che storicamente è stata definita Scuola di Piazza del Popolo.
È uno dei primi artisti a sconfinare dalla pittura in altri linguaggi quali la fotografia, la scultura, il cinema, la performance, le installazioni, il teatro.
Inizia la sua attività con l’invenzione di un’immagine figurale fredda e spersonalizzata attraverso l’uso di sagome statistiche, segnali stradali, ricalchi fotografici, stampigliatura di timbri e rulli. Le sagome piatte bidimensionali escludono i tratti somatici, ogni segno di profondità o di calligrafia.
Negli anni ’60 espone alla galleria La Tartaruga di Roma, a Napoli Achille Bonito Oliva presenta la mostra Pascali Mambor, è invitato a Genova da Germano Celant all’esposizione Arte povera – Imspazio.
Nel 1969 usa il mezzo fotografico per fissare in immagini il suo corpo bloccato da impedimenti, le chiama “Azioni Fotografate”. Il mezzo ‘freddo’ della fotografia gli permette di far affiorare quella soggettività esclusa dalla ricerca pittorica e oggettuale precedente.
Nel ciclo dei “Giocattoli per Collezionisti” costruisce giocattoloni ‘rassicuranti’ come supporto per le fotografie ‘inquietanti’ tratte dall’Atlante di Medicina Legale.
Dal 1970 al 1974 concentra la sua ricerca nell’individuare un ‘indicatore’ che acutizzi l’attenzione sull’oggetto reale posto nel suo contesto. L’“Evidenziatore” viene poi lasciato in mano ad altri, artisti, scrittori, studenti, bambini … per «assumere un ruolo didattico nei confronti di coloro che attraverso di lui evidenziavano i loro processi percettivi e conoscitivi» (Renato Mambor).Per evidenziare l’oggetto nella realtà costruisce anche un piccolo parallelepipedo di metallo, “Trousse”. Nel momento in cui la “Trousse” diventa di m.2 x e accoglie un uomo, l’attenzione si concentra sull’individuo «per tirare fuori i pensieri che guidano le azioni» (R. M.).
Avviene naturalmente lo scivolamento nel teatro, poiché Mambor era da sempre interessato alla recitazione, al cinema, alla performance. Vi si dedica per più di 10 anni, formando una compagnia di sperimentazione, il Gruppo Trousse, e presentando spettacoli di cui è autore, regista, attore, scenografo. Lo spettacolo è la sua ‘opera’.
Mambor si è sempre dichiarato pittore e alla pittura torna dal 1987, con il desiderio non più di rintracciare la forma esterna che coincide con il nome delle cose, ma di «ripercorrere il procedimento per cui tale forma si è determinata» (R.M.).
Rintraccia la ‘funzione’ degli oggetti d’uso e i ‘processi di formazione’ degli avvenimenti della natura.
Un tema, nato in teatro nello spettacolo “Gli Osservatori”, torna ad interessarlo: un disegno del suo profilo, ritagliato e applicato al vetro di una finestra che lascia scorgere il verde delle piante, lo induce ad una riflessione sull’osservare, sulla cosa osservata, e sulla possibilità di cambiamento dello sguardo.
La sua immagine di profilo o di spalle, senza volto, è entrata nell’opera. Indica una assunzione di responsabilità dell’esperienza, non un fatto narcisistico.
Mostre in Italia e all’estero presentano opere pittoriche, scultoree, installative, fotografiche, performative, in un percorso di ricerca continua e rinnovata, che mantiene il presupposto della bidimensionalità ma con una direzione di senso.