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Valutazione Acquisto Julius Evola Arte Moderna e Contemporanea - Quadri e Dipinti


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Valutazione Arte Moderna e Contemporanea - Quadri e Dipinti di Julius Evola


Julius Evola


Julius Evola, pseudonimo di Giulio Cesare Evola (Roma, 19 maggio 1898 – Roma, 11 giugno 1974), è stato un filosofo, pittore, poeta, scrittore ed esoterista italiano.

Si occupò di arte, filosofia, storia, politica, esoterismo, occultismo, religione, costume, in una sintesi che rappresenta una mescolanza singolare di diverse scuole e tradizioni di pensiero, che includono l'idealismo tedesco, le dottrine orientali, il tradizionalismo integrale e, in ruolo preminente, la Weltanschauung della Rivoluzione conservatrice, con cui Evola ebbe una profonda identificazione anche personale.
Le sue posizioni si inquadrano nell'ambito di una cultura di tipo aristocratico e di tendenze ideologiche in gran parte presenti anche nel fascismo e nel nazionalsocialismo, ai quali fu vicino pur esprimendosi talvolta in chiave critica nei confronti dei due regimi sotto alcuni aspetti. Evola fu inoltre promotore di una visione del mondo caratterizzata dalla magia e dall'occulto. Nel dopoguerra affermò di aver ricevuto apprezzamenti da Mussolini per alcune impostazioni: in particolare il ritorno alla romanità e una teoria della razza in chiave spirituale, che propugnò in un'ampia serie di scritti. Da parte sua il filosofo nutrì una pacata ammirazione nei confronti del Duce ma rimase sempre più vicino alla concezione tedesca del fascismo che non a quella italiana.
Nonostante ciò, le sue idee eterodosse non sempre furono ben accolte dalla classe dirigente italiana del tempo e gli valsero la sospensione di alcune pubblicazioni da parte dello stesso PNF e in Germania il sospetto delle gerarchie naziste. Evola contribuì alla divulgazione in Italia di importanti autori europei del XIX e del XX secolo: Bachofen, Guénon, Jünger, Ortega y Gasset, Spengler, Weininger, Meyrink, traducendo alcune loro opere e pubblicando saggi critici.
La complessità del suo pensiero gli procurò, anche dopo la fine della guerra, un grande seguito negli ambienti tradizionalisti conservatori italiani ed europei, dagli esponenti della destra più moderata (Giano Accame, Marcello Veneziani) fino a quelli più radicali del neofascismo (rappresentati da Franco Freda, Adriano Romualdi, Giorgio Almirante, Pino Romualdi, Pino Rauti ed Enzo Erra del Centro Studi Ordine Nuovo). Le sue opere vengono tradotte e pubblicate in Germania, Francia, Spagna, Portogallo, Belgio, Grecia, Svizzera, Gran Bretagna, Russia, Stati Uniti, Messico, Canada, Romania, Argentina, Brasile, Ungheria, Polonia, Turchia.

Biografia

Origini
Giulio Cesare Evola nacque a Roma alle ore 22:00 di giovedì 19 maggio 1898. I genitori erano Vincenzo Evola (1854-1941) e Concetta Mangiapane (1865-1952). Entrambi i genitori erano siciliani, nati a Cinisi. I nonni paterni di Giulio Cesare Evola erano Giuseppe Evola (1815-1897) e Maria Cusumano (1818-1895). Giuseppe Evola è riportato come falegname nell'atto di nascita di Vincenzo. I nonni materni di Giulio Cesare Evola erano Cesare Mangiapane (1825-1896) e Caterina Munacó (1831-1930). Cesare Mangiapane è riportato come bottegaio nel registro delle nascite di Concetta. Vincenzo Evola e Concetta Mangiapane si sposarono a Cinisi il 25 novembre 1892. Nell'atto di matrimonio Vincenzo Evola è riportato come capo meccanico telegrafico e già residente a Roma, mentre Concetta Mangiapane è riportata come possidente. Giulio Cesare Evola aveva un fratello maggiore, Giuseppe Gaspare Dinamo Evola (1895-1958) per cui, essendo il secondo figlio maschio, seguendo la convenzione di denominazione siciliana dell'epoca, seppur con una leggera variazione, Giulio Cesare Evola fu in parte denominato in onore al nonno materno.
Benché non lo fosse, Giulio Cesare Evola si è spesso riportato come barone, in riferimento a un presunto distante rapporto di discendenza con una famiglia aristocratica siciliana di antica origine normanna (gli Evoli, baroni di Castropignano in Molise, nel Tardo Medioevo, poi passati in Sicilia) del Regno di Sicilia.

Formazione
Giulio Cesare Evola studiò all'Istituto Tecnico "Leonardo da Vinci" di Roma. Le poche notizie sui suoi anni di formazione si possono ricavare dall'autobiografia intitolata Il cammino del cinabro, pubblicata nel 1963 dall'editore Scheiwiller e che, nelle intenzioni dell'autore, sarebbe dovuta uscire postuma, la quale più di ogni altro scritto di Evola contribuì alla nascita del culto del suo autore. Riguardo ai dati puramente biografici e famigliari, Evola fu sempre abbastanza riservato, dicendo di essersi lasciato alle spalle questi aspetti, pur essendo in seguito state pubblicate, nella ristampa moderna dall'autobiografia, diverse fotografie che lo ritraggono durante l'infanzia con i genitori.
«Nella prima adolescenza, mentre seguivo studi tecnici e matematici, si sviluppò in me un interesse naturale e vivo per le esperienze del pensiero e dell'arte. Da giovinetto, sùbito dopo il periodo dei romanzi d'avventure, mi ero messo in mente di compilare, insieme ad un amico, una storia della filosofia, a base di sunti. D'altra parte, se mi ero già sentito attratto da scrittori, come Wilde e D'Annunzio, presto il mio interesse si estese, da essi, a tutta la letteratura e l'arte più recenti. Passavo intere giornate in biblioteca, in un regime serrato ma libero di letture. In particolare, per me ebbe importanza l'incontro con pensatori, come Nietzsche, Michelstaedter e Weininger. Esso valse ad alimentare una tendenza di base, anche se, a tutta prima, in forme confuse e in parte distorte, quindi con una mescolanza del positivo col negativo»
La lettura delle opere degli autori su citati (in particolare Nietzsche), ebbe su Evola alcune dirette conseguenze: in primo luogo un'opposizione al Cristianesimo, soprattutto in riferimento alla teoria del peccato e della redenzione, del sacrificio divino, della grazia e dell'eguaglianza fraterna. In secondo luogo una sorta di insofferenza verso il mondo borghese, la sua piccola morale e il suo conformismo.
Decise dunque di svincolarsi dalla routine borghese, soprattutto nei suoi aspetti più concreti e quotidiani: famiglia, lavoro, amicizie. Si iscrisse alla facoltà di ingegneria, ma rifiutò di discutere la tesi per disprezzo dei titoli accademici, poiché «l'apparire come un "dottore" o un "professore" in veste autorizzata e per scopi pratici, mi sembrò cosa intollerabile, benché in seguito dovessi vedermi continuamente applicati titoli che non ho».
Proseguì nello studio dell'arte e della filosofia:
«A parte gli autori accennati, va menzionata l'influenza che su me adolescente esercitò anche il movimento che alla vigilia della prima guerra mondiale e durante la prima parte di essa ebbe per centro Giovanni Papini con le riviste Leonardo e Lacerba, in seguito in parte anche con La Voce. Fu il periodo dell'unico vero Sturm und Drang che la nostra nazione abbia conosciuto, dell'urgere di forze insofferenti del clima soffocante dell'Italietta borghese del primo novecento […] A lui e al suo gruppo si deve il nostro venire a contatto con le correnti straniere più varie e interessanti del pensiero e dell'arte d'avanguardia, con l'effetto di un rinnovamento e di un ampliamento di orizzonti»
(Julius Evola, Il cammino del cinabro, op. cit., p. 5.)
Successivamente si distaccò anche da Papini, soprattutto per la conversione di costui al cattolicesimo e a seguito della pubblicazione del libro Storia di Cristo (1921).

Il primo periodo artistico: l'idealismo sensoriale
Inizia giovane l'attività in campo artistico: i primi quadri risalgono al 1915, le prime poesie al 1916.
Attraverso Giovanni Papini entra in contatto con alcuni esponenti del Futurismo quali Giacomo Balla e Filippo Tommaso Marinetti. Nel 1919 partecipa alla "Grande Esposizione Nazionale Futurista" di Palazzo Cova a Milano. Ben presto si stacca da questo movimento per ragioni che lui stesso espone:
«Non tardai però a riconoscere che, a parte il lato rivoluzionario, l'orientamento del futurismo si accordava assai poco con le mie inclinazioni. In esso mi infastidiva il sensualismo, la mancanza di interiorità, tutto il lato chiassoso e esibizionistico, una grezza esaltazione della vita e dell'istinto curiosamente mescolata con quella del macchinismo e di una specie di americanismo, mentre, per un altro verso, ci si dava a forme sciovinistiche di nazionalismo. A quest'ultimo riguardo la divergenza mi apparve netta allo scoppio della prima guerra mondiale, a causa della violenta campagna interventista svolta sia dai futuristi che dal gruppo di Lacerba. Per me era inconcepibile che tutti costoro, con alla testa l'iconoclasta Papini, sposassero a cuor leggero i più vieti luoghi comuni patriottardi della propaganda antigermanica, credendo sul serio che si trattasse di una guerra per la difesa della civiltà e della libertà contro il barbaro e l'aggressore»
(Julius Evola, Il cammino del cinabro, op. cit., p. 8.)
A questa prima fase, definita dallo stesso Evola idealismo sensoriale, appartengono le opere: Fucina, studio di rumori (1917 circa), Five o'clock tea (1918 circa) e Mazzo di fiori (1917-18).

Gli anni della prima guerra mondiale
Nel periodo della neutralità italiana, fu tra i pochi che sostenevano di dover entrare in guerra, non contro gli Imperi Centrali, ma al loro fianco.
Frequenta a Torino un corso per allievi ufficiali e partecipa alla prima guerra mondiale come ufficiale di artiglieria sull'altopiano di Asiago dal 1917 al 1918. Rientra a Roma dopo il conflitto e attraversa una profonda crisi esistenziale che lo porta sull'orlo del suicidio, come egli stesso riporta ne Il cammino del cinabro:
«Questa soluzione [...] fu evitata grazie a qualcosa di simile ad una illuminazione, che io ebbi nel leggere un testo del buddhismo delle origini. Fu per me una luce improvvisa: in quel momento deve essersi prodotto in me un mutamento, e il sorgere di una fermezza capace di resistere a qualsiasi crisi»
(Julius Evola, Il cammino del cinabro, op. cit., p. 10.)
Il passo cui si riferisce Evola è il seguente: «Chi prende l'estinzione come estinzione e, presa l'estinzione come estinzione, pensa all'estinzione, pensa sull'estinzione, pensa "Mia è l'estinzione" e si rallegra dell'estinzione, costui, io dico, non conosce l'estinzione». Si tratta di una traduzione e rielaborazione di una frase del Buddha contenuta nel discorso del Mulapariyâya Sutta (Canone pāli, Majjhima Nikaya, I).

Il secondo periodo artistico: l'astrattismo mistico
Nel 1920 aderisce al Dadaismo ed entra in contatto epistolare con Tristan Tzara. Come pittore diviene uno dei massimi esponenti del Dadaismo in Italia. Questa seconda fase viene definita, sempre da Evola, astrattismo mistico ovvero una reinterpretazione dadaista in chiave di spiritualismo e di idealismo. A questa fase appartengono alcune importanti opere: Paesaggio interiore 10,30 (1918-20) e Astrazione (1918-20). Questo periodo vede Evola impegnato in due mostre personali: quella del gennaio 1920 alla casa d'arte Bragaglia di Roma, e quella del gennaio 1921 alla galleria Der Sturm di Berlino in cui presenta sessanta dipinti.
Pubblica nel 1920, per la Collection Dada, l'opuscolo Arte astratta. Sempre nello stesso anno fonda con Gino Cantarelli la rivista Bleu e pubblica a Zurigo il poema dada La parole obscure du paysage intérieur. Collabora inoltre con Cronache d'attualità di Anton Giulio Bragaglia e con Noi di Enrico Prampolini. Nel 1923 cessa l'attività pittorica e fino al 1925 fa uso di sostanze stupefacenti con il fine di raggiungere stati alterati di coscienza: «In questo contesto, vi è anche da accennare all'effetto di alcune esperienze interiori da me affrontate a tutta prima senza una precisa tecnica e coscienza del fine, con l'aiuto di certe sostanze che non sono gli stupefacenti più in uso [...] Mi portai, per tal via, verso forme di coscienza in parte staccate dai sensi fisici».

Il periodo filosofico

Evola e il magico "Gruppo di Ur"
È il 1927 quando si forma il "Gruppo di Ur", con l'obiettivo di trattare con serietà e rigore le discipline esoteriche e iniziatiche. La parola, come spiega lo stesso Evola, è «tratta dalla radice arcaica del termine "fuoco", ma vi era anche una sfumatura additiva, pel senso di "primordiale", "originario", che essa ha come prefisso in tedesco». Rispetto a un tentativo già intrapreso da Reghini con la direzione delle riviste Atanor e poi Ignis, il "Gruppo di Ur" si prefigge di accentuare maggiormente il lato pratico e sperimentale.
Il gruppo di studio adotta il principio dell'anonimato dei collaboratori – che si firmano tutti con uno pseudonimo – e inizia sotto la direzione di Evola la pubblicazione di fascicoli mensili che sono poi riuniti nei volumi Introduzione alla magia usciti tra il 1927 e il 1929. Il termine magia, spiega Evola, non corrisponde al significato popolare, ma alla «formulazione del sapere iniziatico che obbedisce a un atteggiamento attivo, sovrano e dominativo rispetto allo spirituale».
Verso la fine del 1928 nel "Gruppo di Ur" avviene una scissione rispetto alla quale Evola è molto vago, anche in relazione al principio dell'anonimato cui il gruppo si rifà: parla genericamente di intromissioni della massoneria all'interno del gruppo, ma in realtà sono presi di mira Arturo Reghini e Giulio Parise, entrambi massoni. A seguito di questa scissione, pochi mesi dopo, il gruppo si scioglie definitivamente.
Successivamente, ne Il cammino del cinabro, Evola torna sull'argomento raccontando di come Mussolini si preoccupasse del "Gruppo di Ur", pensando che qualcuno volesse agire magicamente su di lui. Evola mette in relazione questo fatto all'ordine giunto ad alcune riviste di interrompere la collaborazione con lui e decide di chiarire il fatto con il duce: «Giunto a sapere come le cose effettivamente stavano, Mussolini cessò di interferire. In realtà, Mussolini, oltre che suggestionabile, era abbastanza superstizioso (come controparte di una mentalità, in fondo, chiusa alla vera spiritualità)».
Il mancato suicidio è per Evola il momento di passaggio più significativo: fine del periodo artistico e inizio del periodo filosofico. Esce nel 1925 il primo libro di filosofia: Saggi sull'idealismo magico. Coerentemente con le posizioni teoriche della sua seconda fase artistica (astrattismo mistico) Evola si distacca dall'idealismo hegeliano in favore di una libertà interiore assoluta. Il pensiero deve prefiggersi il compito di superare i limiti dell'umano per andare verso l'oltre-uomo teorizzato da Nietzsche. L'attualismo gentiliano diventa dunque il punto di partenza: dall'Io come principio attivo della realtà su un piano logico-astratto, all'Io come criterio di potenza capace di affermare l'individuo assoluto.
Secondo Evola l'individuo assoluto è immediatamente sé nelle infinite affermazioni individuali e in ciascuna di esse si fruisce come libertà, come incondizionata agilità e arbitrio assoluto. Termina nel 1924 la Teoria e fenomenologia dell'individuo assoluto che inizia a scrivere già in trincea (nel 1917) e che viene pubblicata in due volumi (nel 1927 e nel 1930) dall'editore Bocca. In questo testo Evola si interessa delle dottrine riguardanti il sovrarazionale, il sacro e la gnosi, con l'obiettivo di tentare il superamento della dualità io/non-io. Il suo interesse verso le tradizioni orientali si manifesta in L'uomo come potenza, pubblicato nel 1926, dove compare una concezione dell'io ispirata ai dettami del tantrismo e del taoismo.
Queste ultime opere segnano un'ulteriore svolta: passaggio da una posizione filosofica di tipo teoretico a una di tipo pragmatico. Evola cerca di individuare strumenti concreti per mezzo dei quali calare nella vita quotidiana la teoria dell'Individuo assoluto. A partire dal 1924 inizia un'intensa esperienza giornalistica: partecipa alla redazione di Lo Stato democratico, una rivista contemporaneamente antifascista e antidemocratica, e tra il 1924 e il 1926 collabora a riviste come Ultra, Bilychnis, Ignis, Atanor e Il mondo. In questo periodo Evola frequenta i circoli esoterici romani e partecipa alla vita notturna della capitale intrattenendo un tempestoso rapporto sentimentale con Sibilla Aleramo.
Tra il 1927 e il 1929 coordina il Gruppo di Ur, che si occupa di esoterismo e di ricerche sulle tradizioni extra europee: un'antologia dei fascicoli editi viene più tardi pubblicata in tre volumi (tra il 1955 e il 1956) con il titolo Introduzione alla magia quale scienza dell'Io. Conosce Arturo Reghini e legge i suoi scritti. Nel 1928 pubblica un libro che gli procura grande fama: Imperialismo pagano, uscito per la casa editrice massonica Atanòr alcuni mesi prima della stipulazione dei Patti lateranensi. In questo pamphlet (poi tradotto in tedesco nel 1933) Evola attacca violentemente il Cristianesimo ed esorta il Fascismo a ritrovare l'antica grandezza della civiltà romana perduta con l'avvento della nuova religione.
Evola viene sorvegliato dal regime in quanto accusato di affiliazione all'Ordo Templi Orientis oltre che di essere «degenerato», «pederasta» e «cocainomane» ed è costretto ad assumere alcune guardie del corpo, altri militanti fascisti che invece simpatizzavano per le sue idee (come testimoniato da Massimo Scaligero). Aneddoti e testimonianze della supposta omosessualità di Evola continuarono a circolare anche anni dopo nel Movimento Sociale Italiano e negli ambienti del neofascismo (si veda un'offensiva battuta del terrorista nero Pier Luigi Concutelli).
Estraniato dal regime in questi anni, Evola inizia così un periodo dedicato interamente all'alpinismo. Nel 1930, con la guida alpina Eugenio David, affronta la scalata della parete settentrionale del Lyskamm Orientale. Di questa e di altre esperienze viene poi redatto un libro nel 1973: Meditazioni delle vette. Evola intende l'alpinismo come pratica ascetica e meditazione spirituale: superamento dei limiti della condizione umana attraverso l'azione e la contemplazione, che divengono due elementi inseparabili, «un'ascesa che si trasforma in ascesi».
Successivamente pubblica due opere: La tradizione ermetica (1931) e Maschera e volto dello spiritualismo contemporaneo (1932). Nel 1934 appare la sua opera fondamentale, Rivolta contro il mondo moderno, nella quale traccia un affresco della storia letta secondo lo schema ciclico tradizionale delle quattro età: oro, argento, bronzo e ferro nella tradizione occidentale e satya, treta, dvapara e Kali Yuga in quella induista. Nell'opera si indaga inoltre dell'origine della razza ariana e della sua origine iperborea-polare, che Evola identifica precisamente, riprendendo le teorie di Herman Wirth, con l'isola di Atlantide per Evola coincidente con l'antica Thule prima di diffondersi nel resto d'Europa come narrato nel libro di Oera Linda di cui Evola sosteneva l'autenticità.
In Rivolta Evola oppone il mondo "tradizionale" al mondo moderno. Nella prima parte analizza le categorie qualificanti l'uomo della "tradizione" e le antiche "razze divine"; nella seconda analizza la genesi del mondo moderno e i processi a causa dei quali la civiltà tradizionale è crollata (dal dominio dell'autorità spirituale al dominio del "quarto stato"). Partendo da questi presupposti, tre anni dopo, esamina a fondo Il mistero del Graal (1937) e le sue implicazioni dottrinarie nelle visioni dei diversi periodi storici, impostando tutta la sua disamina sul concetto di "tradizione ghibellina dell'impero", cercando di svincolare il Graal e la sua portata simbolica dalla tradizione cristiana.

La scuola di mistica fascista
A partire dal 1934 Evola collabora attivamente con la Scuola di mistica fascista, fondata da Niccolò Giani nel 1930, tenendo alcune conferenze e figurando nel comitato di redazione della rivista Dottrina fascista. La maggior parte degli interventi di Evola in conferenze e scritti, riguardano principalmente il tema del razzismo, argomento che trova appoggio sia da parte di Giani sia da parte dello stesso Mussolini. Secondo Evola, tuttavia, l'espressione mistica fascista rappresenta un'incongruenza potendo parlare, al più, di etica fascista. Questo perché in realtà il fascismo, secondo Evola, «non affronta il problema dei valori superiori, i valori del sacro, solo in relazione ai quali si può parlare di mistica».
Jean-Paul Lippi – giurista e saggista francese, tra i più importanti studiosi d'oltralpe del pensatore tradizionale – rileva come Evola ravveda nella mistica «un elemento rivelatore di una spiritualità lunare e del polo femminile dello spirito». E infatti il sottotitolo di Diorama filosofico – la pagina prima mensile e poi quindicinale curata da Evola nel quotidiano Il Regime Fascista di Cremona tra il 1934 e il 1943 – è: Problemi dello spirito nell'etica fascista.

Le tesi sulla razza

Evola e il fascismo
Se i rapporti che Evola intrattiene col fascismo sono innegabili, soprattutto a partire dalla metà degli anni trenta, tutt'oggi è oggetto di dibattito, tra gli studiosi, l'appartenenza del filosofo ad un orizzonte intellettuale propriamente fascista in senso ortodosso.
È il 1964 quando Evola pubblica Il fascismo. Saggio di un'analisi critica dal punto di vista della Destra per i tipi dell'editore Volpe. Evola durante il fascismo non ha una particolare risonanza popolare e per lungo tempo è quasi ignorato dalla cultura ufficiale dell'epoca. Il filosofo pur iniziando ad entrare in sintonia con i temi culturali del regime fin dal 1927 – è di quell'anno il suo primo articolo pubblicato su Critica Fascista – si farà conoscere e apprezzare dall'intelligencija e dalle gerarchie fasciste solo attorno al 1934 (con le prime collaborazioni nell'ambito della Scuola di mistica fascista) e, ancor più, dopo il 1937, grazie all'avvicinamento dell'Italia alla Germania nazista ed al rapido sviluppo di una campagna e di politiche antiebraiche. Il "razzismo spirituale" di Evola viene allora recuperato dal Regime, insieme a quello di Preziosi, Orano, Bottai e di altri noti antisemiti italiani del tempo.
Da una ricerca effettuata presso l'Archivio di Stato emerge che Evola, dal luglio 1941, ottiene dal Min.Cul.Pop. – per intercessione dello stesso Mussolini – uno stipendio mensile di duemila lire a fronte della stesura di alcuni articoli sulla razza. L'assegno cessa con la nascita della Repubblica di Salò in quanto Evola si rifiuta di trasferirsi al nord.
In quegli anni Evola scrive per quasi tutte le maggiori testate fasciste, anche se le sue collaborazioni più note (Regime fascista di Farinacci e La Vita Italiana di Preziosi) sono importanti ai fini del dibattito sul mondo della Tradizione, ma lo sono assai meno nel dibattito interno al fascismo. Più che rappresentare una corrente interna al fascismo, «Evola intese rettificare il fascismo in senso spirituale e tradizionale, in nome di idee e valori che non erano quelli originari del fascismo, ma quelli della destra conservatrice ed aristocratica».

Gli anni della seconda guerra mondiale
Evola non aderisce al Partito Nazionale Fascista e tale mancata adesione gli impedisce nel 1941 di arruolarsi come volontario contro l'Unione Sovietica nel corso della seconda guerra mondiale. Nel 1942 viene pubblicato un suo saggio dal titolo Per un allineamento politico-culturale dell'Italia e della Germania nel quale esprime ammirazione per il nazismo tedesco, considerandolo superiore al fascismo in ragione del coraggio nel risvegliare l'antico spirito ariano e germanico. Critica tuttavia l'incompletezza nell'attuazione di questo programma, non abbastanza radicale e aderente ai principi della "Tradizione": per esempio una difesa della razza improntata giuridicamente a una sorta di "igiene razziale" basata meramente sul razzismo biologico e il potere del Führer derivato dal popolo e non un potere regale di origine divina come nell'ideale società ario-germanica delle origini.
Evola teorizza dunque il tradizionalismo puro, ideale e radicale, capace di attuare i propri principi e di far trionfare la cultura romana e pagana delle origini. Tra l'Unione Sovietica bolscevica e gli Stati Uniti d'America capitalistici, il nazionalsocialismo tedesco gli sembra proporre una terza via: un impero europeo e pagano sotto la guida egemonica della Germania di Hitler. Nel 1943, riprendendo temi già trattati nei suoi anni giovanili, pubblica La dottrina del risveglio, un saggio sull'ascesi buddhista. Nel 1951 l'opera viene poi tradotta in inglese da Harold Edward Musson (Ñāṇavīra Thera) con l'avallo della Pali Society, anche se l'unica fonte che riporta questa informazione è lo stesso Evola: «L'edizione inglese aveva avuto il crisma della Pali Society, noto istituto accademico di studi sul buddhismo delle origini, che aveva riconosciuto la validità della mia trattazione».
Nel 1945 Evola si trova a Vienna sotto falso nome, occupandosi dello studio di documenti esoterici e massonici probabilmente su incarico del controspionaggio del Reich nonché, stando alle sue parole, per un lavoro in stretto rapporto con le SS relativo la creazione di un ordine segreto elitario ispirato ai Templari.
Solo nel 1948, grazie all'interessamento di Umberto Zanotti Bianco – presidente della Croce Rossa Internazionale – viene trasferito prima al sanatorio di Cuasso al Monte, poi a Bologna, all'ospedale ortopedico, e infine, nel 1951, a Roma, come egli stesso riporta in una lettera inviata all'amico poeta Girolamo Comi. Lo Stato italiano gli concesse quindi una pensione di invalido di guerra al 100% che gli consentì di vivere adeguatamente.

Il processo ai FAR
A partire dal 1949 inizia la collaborazione con la rivista La Sfida fondata da Enzo Erra, Pino Rauti ed Egidio Sterpa. Nel 1951 Evola viene arrestato con le accuse di apologia di fascismo e di essere l'ispiratore di alcuni gruppi neofascisti insurrezionalisti: si tratta del processo ai FAR (Fasci di Azione Rivoluzionaria).
Durante il processo Evola rinnegherà di essere mai stato fascista definendosi invece "superfascista". Successivamente, in merito a questa affermazione, la storica Elisabetta Cassina Wolff noterà che "rimane poco chiaro se [con questa affermazione] Evola intendesse porsi al di sopra o oltre il fascismo".
Il processo ai FAR si conclude il 20 novembre del 1951 con l'assoluzione di Evola con formula piena.

Il dopoguerra
Nel 1953 pubblica Gli uomini e le rovine – testo che mira ad influenzare gli ambienti della destra italiana post-bellica – nel quale spiega la decadenza del mondo moderno in seguito alla distruzione del principio di autorità e di ogni possibilità di trascendenza per l'affermarsi del razionalismo, in contrasto con le antiche civiltà e i valori della "Tradizione". Nel 1958 esce la Metafisica del sesso, incentrato sull'aspetto magico dell'atto sessuale attraverso lo studio dei simboli esteso a numerose tradizioni. Nel 1959 esce un testo sul pensiero di Jünger: L'«Operaio» nel pensiero di Ernst Jünger. Nel 1961 è la volta di Cavalcare la tigre, autodefinito dallo stesso Evola un "manuale dell'anarchico di destra"[142], opera in cui prosegue la sua critica al mondo moderno: il testo è infatti una critica al capitalismo e al consumismo del cosiddetto "boom economico" che ha portato l'Italia al materialismo e a quelle che Evola ritiene false forme di liberazione (alcol, droghe, sesso, culto del lavoro, emancipazione femminile, etc.) che hanno in realtà alienato la
Nel 1963 pubblica Il cammino del cinabro, la sua autobiografia, e nel 1968 un volume di saggi di critica verso la società contemporanea e vari fenomeni di attualità: L'arco e la clava.
In questi anni inoltre torna all'attenzione del pubblico la sua produzione artistica: nel 1963 Enrico Crispolti organizza una mostra dei suoi quadri alla galleria La Medusa di Roma; nel 1969 viene pubblicata da Scheiwiller Raâga Blanda, una raccolta di tutte le sue poesie, tra cui alcuni lavori inediti. Riprende anche l'attività giornalistica

Gli ultimi anni
Vive gli ultimi anni con una pensione di invalido di guerra facendo traduzioni e scrivendo articoli, sostenuto economicamente da alcuni ammiratori guidati da Sergio Bonifazi, direttore del trimestrale Solstitivm.
Nel 1971 inizia a collaborare per il quotidiano Roma sotto la direzione di Pietro Buscaroli. Nel 1973 cura la prefazione per la ristampa di Anni decisivi di Oswald Spengler per le Edizioni del Borghese. Poco prima della morte detta lo statuto originario di quella che sarebbe diventata la Fondazione Julius Evola per la difesa dei valori di una cultura conforme alla Tradizione. Muore nella sua casa romana di corso Vittorio Emanuele l'11 giugno del 1974.

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